Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Trento, 23 gennaio 2012 La sera di venerdì 13 gennaio ero in albergo a Chianciano, alla vigilia dell’Assemblea nazionale dei Verdi. Attorno alle 23, dai notiziari televisivi cominciano ad arrivare le prime generiche notizie sul naufragio della “Costa Concordia” nei pressi dell’isola del Giglio, ma non si riesce ancora a percepire la gravità della tragedia in corso, che apparirà in tutta la sua portata solo dalle prime informazioni del mattino di sabato, con i primi morti e le molte decine di dispersi. Conosco da molti anni l’isola del Giglio, dove con mia moglie tutte le estati vado a trascorrere qualche giorno di vacanza a Campese. Da quando è successo il naufragio, quell’immagine della nave semirovesciata tra Giglio Porto e la cala dell’Arenella, ogni volta che la vedo mi provoca un dolore immenso. C’è la consapevolezza che tutti quei morti e quei dispersi (per i quali non c’è ormai più speranza di ritrovarli vivi) avrebbero potuti essere risparmiati, se l’irresponsabile comandante avesse dato subito l’allarme e se si fosse provveduto subito a calare le scialuppe in mare, quando la nave non si era ancora piegata sul fianco destro. C’è stata la straordinaria opera di solidarietà con le migliaia di naufraghi da parte della popolazione del Giglio, in una stagione in cui tutte le strutture turistiche sono chiuse e l’aiuto è affidato all’iniziativa volontaria e spontanea degli abitanti del Porto e addirittura al soccorso del parroco dentro la chiesa, che è a poche centinaia di metri dal porto dove arrivano i superstiti terrorizzati e intirizziti dal freddo. E, col passare dei giorni, oltre all’angoscia per i morti e i dispersi, c’è la certezza che un danno crescente è già stato arrecato all’incomparabile ambiente marino, col rischio imminente che possa verificarsi ora un inquinamento ambientale di proporzioni spaventose, tanto più con l’avvicinarsi del cambiamento delle condizioni del mare e dei venti. In questi anni ho attraversato l’isola del Giglio in lungo e in largo, percorrendo tutti i sentieri naturalistici di questa perla dell’Arcipelago toscano, straordinaria per storia, morfologia, fauna e flora, fino alla Punta del Fenaio a nord e alla Punta del Capel rosso (col singolare “schizzatoio”) a sud, dalla Torre di Campese fino al borgo medioevale del Castello e da lì giù fino al Porto, dove si arriva e si riparte con la motonave, ogni volta con una grande emozione. E quante volte, con un semplice pattino a remi, con molta fatica di braccia, ma con straordinarie emozioni nel vedere l’isola dal mare in tutti i suoi anfratti, le sue calette e gli straordinari disegni granitici, ho circumnavigato la parte settentrionale del Giglio, da Campese, dove spesso incontravo il maestro Uto Ughi, fino alla splendida Arenella, dove ho ritrovato l’allora collega parlamentare Franco Marini, entrambi innamorati di quest’isola incantevole, nonostante l’eccesso di costruzioni turistiche degli ultimi decenni. Altre volte, affittando una barchetta a motore, ho fatto con mia moglie tutto il giro dell’isola nell’arco di una giornata, accorgendomi di quanto siano frequenti gli scogli che emergono dal mare o che sono appena a pelo d’acqua. Mi sono chiesto, come tutti coloro che sperimentano la morfologia delle coste del Giglio, come si sia potuto avvicinarsi con una nave così enorme all’isola, ignorando il rischio di impatto con quegli scogli, che chiunque abbia esperienza diretta di quel mare conosce perfettamente e che sono comunque segnati in tutte le carte nautiche. La popolazione del Giglio merita il riconoscimento pubblico che “Il Tirreno” ha giustamente promosso. Il mare circostante l’isola non merita uno sfregio ambientale che sarebbe davvero irreparabile. Le vittime del naufragio meritano tutta la nostra solidarietà. L’imperizia prima e la vigliaccheria poi di chi ha provocato questo immane disastro merita che almeno sia fatta giustizia, in memoria di chi non c’è più e in difesa di chi ha sofferto un dolore immenso, le persone, e di chi ha subito questo oltraggio gratuito, la natura.
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MARCO BOATO |
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